ANTIGONE

con Fiorella Tommasini, Chiara Elisa Rossini, Diana Ferrantini, Katia Raguso, Mario Previato, Alessio Papa, Massimo Munaro
drammaturgia, musica e regia Massimo Munaro

produzione Teatro del Lemming, La Biennale di Venezia

 

Creonte, reggente della città, ha ordinato di non dare sepoltura ai traditori di Tebe, tra questi uno dei fratelli di Antigone: Polinice. La giovane non può accettare una simile violazione del diritto naturale. Così di notte, trasgredendo la legge, seppellisce il corpo del fratello. Alla fine viene scoperta e condotta di fronte allo zio Creonte. Antigone non solo non si piega al volere di Creonte che invoca la legge, ma proclama ad alta voce il diritto alla disobbedienza quando la legge va contro i diritti inviolabili dell'essere vivente. E’ così condannata ad essere sepolta viva, nonostante le proteste del figlio, Emone, fidanzato della fanciulla. La volontà di Creonte finisce così per affermarsi, ma la morte di Antigone è contestuale alla terribile sventura che si abbatte su Creonte e sul suo potere.

Antigone (Ἀντιγόνη) appartiene al ciclo di drammi tebani ispirati alla saga dei Labdacidi, insieme all'Edipo Re e a Edipo a Colono, che descrivono la drammatica sorte di Edipo, re di Tebe, e dei suoi discendenti. Nell'economia drammaturgica del ciclo, Antigone è l'ultimo atto, anche se è stata scritta da Sofocle prima delle altre tragedie.
Il nucleo della Tragedia risiede nello scontro fra due volontà e due concezioni diverse del mondo: quella di Antigone, fanciulla fragile fisicamente ma fortissima moralmente, di rispettare le leggi non scritte della natura (phùsis) e quella di Creonte tesa a imporre la forza dello Stato e della legge (nomos) . Due ragioni si scontrano, si oppongono senza trovare alcuna mediazione possibile, entrambe sono portate all’eccesso e alla catastrofe.
Intorno alla sorte della giovane eroina greca questo nostro lavoro si costituisce drammaturgicamente come un processo, in cui il pubblico, diviso all’inizio in due opposte fazioni, è direttamente chiamato in causa in qualità di testimone, accusatore e accusato.
Con la nostra precedente Tetralogia dello spettatore abbiamo cercato di investigare la condizione dello spettatore/cittadino (al singolare), oggi ci interessa allargare lo sguardo alla comunità, cioè alla natura e alla condizione del nostro vivere sociale. Dopo NEKYIA (parallela al dittico IL ROVESCIO E IL DIRITTO) questo nuovo progetto rappresenta un ulteriore passo in questa direzione.
La tragedia getta così luce sul paradosso di una sostanza etica lacerata in se stessa. Antigone vede infatti nella prospettiva unilaterale assunta da Creonte la negazione del diritto autentico. E, tuttavia, alla fine, è proprio il diritto divino esibito da Antigone a condurre alla catastrofe. Lo stesso contraccolpo divide dall'interno Creonte, che riconosce, alla fine, ma è ormai troppo tardi, il valore dell'ethos di Antigone, che la ragione diurna non può esaurire né spiegare.
Questo significa che natura e cultura - vale a dire: l'universale e il singolare, il sensibile e l'intelligibile - sono distinti e opposti solo nella superficie della collisione drammatica, perché, nella profondità della loro essenza, i termini contrari non sono l'uno fuori dell'altro, ma ogni termine conserva e contiene in sé il suo opposto.

 
Il debutto dell’Opera è avvenuto alla Biennale Teatro di Venezia nel marzo 2009.
 

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