(1994)

Cinque sassi

con Massimo Munaro, Thierry Parmentier, Antonia Bertagnon, Fiorella Tommasini, Marco Farinella, Franco Cecchetto e Nadia Poleti
soprano Halla Margret Arnadottir (Barbara Fortin)
coreografie Thierry Parmentier
luci Francesco Piva e Roberto Lunari
diapositive Roberto Domeneghetti
musica e regia Massimo Munaro

prima rappresentazione: Rovigo, Teatro Don Bosco, marzo 1994

dal libretto di sala di CINQUE SASSI - 1994

Il nostro primo incontro con la poesia di Marco Munaro è avvenuto nel 1992, allorché realizzammo uno studio su L'Urlo, una sezione della raccolta poetica Cinque Sassi.

Si trattava, allora, di una piccola opera da camera per sintetizzatore e voce recitante, a cui si aggiungeva sul piano visivo l'utilizzazione di un danzatore. In quell'occasione cercammo di restituire, con il suono e l'immagine, la violenza criptica e ustionante di un verso apparentemente disarticolato eppure costretto in una rigida intelaiatura formale. In questo spettacolo abbiamo cercato di ricollocare L'Urlo all'interno della più ampia dimensione poetica che lo ospita. Abbiamo così drammaturgicamente, in modo personale, operato una ricucitura di testi poetici quasi a voler raccontare di una catastrofe dell'io che partendo da un'impossibile riconciliazione con la propria infanzia, portasse, attraverso una continua riflessione sulla propria scrittura, ad una nuova ricomposizione. Cinque Sassi nasce dall'incontro poetico della parola con il linguaggio poetico della scena: i movimenti degli attori, le loro azioni, sono offerti agli spettatori come segni da interpretare.

Il TESTO (poetico, teatrale) e l'EVENTO.

Innanzitutto di una voce, di un canto della lingua-realtà, della poesia stessa, insieme gioioso e abissale - spalancante universi. E poi (esiste anche un'intelligenza del corpo) di un gesto muto e onnidicente, grado zero della lingue e origine di ogni possibilità comunicativa-narrativa: "Ma come, non mi vedi? Sono qui" (l'evento dell'essere qui) e "corse, grida, risa: ti ho colpito!" (qui, nella storia). Ma è una storia narrata per "intermittenze del corpo", cioè per lampi di verità del corpo/tempo/memoria, che pur ruotano attorno a due gruppi tematici: da una parte la morte dell'infanzia e dell'adolescenze (L'urlo) e dall'altra l'infanzia e l'adolescenza ritrovate (le falistre) - discesa, comunque sia, nell'Ade, nell'inconscio (da vivi, perché si è rischiato di essere morti).

A ciascun nucleo corrisponde una lingua: o la lingua visionata e deformante "vista" da chi è stato colpito a morte e sta per morire dissanguato, oppure la lingua aerea, fatata e fresca degli affetti familiari, scoccata in "falistre" - fiocchi di neve o faville più che dialettali: materne. Si intenderà meglio a questo punto il significato del titolo Cinque Sassi: reminiscenza di un gioco infantile, ma insieme oracolo ad Apollo/Dioniso sulla propria morte: cinque, come le punte del corpo umano a stella disegnato da Leonardo in un cerchio, cinque come le dita di una mano, come le piaghe da crocefissione, come cinque fratelli.

Marco Munaro

Lemming

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