Il Teatro Studio riapre le porte ad aprile con l'ospitalità di due progetti artistici del territorio regionale. Il decreto di inizio marzo faceva sperare in una riapertura dei teatri alla fine del mese ma ciò non è accaduto. È per noi però di fondamentale importanza tenere lo spazio aperto e vivo: abbiamo deciso così di utilizzare il mese di aprile per sostenere alcune realtà teatrali indipendenti del territorio regionale, che più risentono di questa chiusura forzata.

 

Focus Artisti del territorio | ROMINA ZANGIROLAMI > 9 - 16 aprile | restituzione 5 maggio 2021

Romina Zangirolami, danzatrice e coreografa di Rovigo, è ospite del Teatro Studio assieme a Davide Pedriali con il progetto "Il corpo, un luogo" una nuova idea produttiva che indaga e sublima, attraverso la danza, l'immobilismo innaturale e deleterio vissuto durante il periodo di lock-down. Il 5 maggio alle ore 18.00 presenta al pubblico una restituzione della residenza.

 

MARIA CHIARA PEDERZINI > 20 - 27 aprile | restituzione 27 aprile 2021

Maria Chiara Pederzini è un’attrice e regista padovana, finalista nel 2017 alla Biennale di Venezia per il concorso Registi Under 30, selezionata dal Teatro del Lemming attraverso il bando “In metamorfosi. Nuove drammaturgie”, un bando lanciato dal Lemming per valorizzare i giovani artisti veneti che lavorano su drammaturgie contemporanee intese come vere e proprie scritture sceniche. La regista padovana, durante la sua residenza artistica, lavora assieme ai suoi attori ad una drammaturgia inedita dal titolo "Libertà", in cui quattro figure umane portano in scena i turbamenti delle relazioni contemporanee, in un flusso di coscienza che dà voce a immaginari collettivi sommessi, indicibili. Il lavoro indaga il rapporto fra uomo e natura, sanguinoso, mai pacificato; la lacerazione del desiderio; il sesso come luogo di violenza e di vitalità inesprimibili; il senso di colpa legato al piacere. Il 27 aprile alle ore 18.00 presenta al pubblico un primo studio.

 

MOMEC > 26 luglio - 10 agosto | restituzione 11 agosto 2021

Il terzo tempo del rugby è un rito, un momento di festa che riunisce squadre e tifosi dopo ogni partita. Il Terzo Tempo di MOMEC è un incontro con le persone che vivono in noi, nella nostra memoria. Dopo il primo tempo del vivere e il secondo del dimenticare, arriva il terzo tempo del ricordare. Tramite la nostra memoria, infatti, possiamo entrare in contatto con amici, parenti, amori vecchi o nuovi, vivi o morti, vicini o lontani. Per farlo non è necessario trovarsi faccia a faccia, può bastare un foglio di carta.
Terzo Tempo di MOMEC è un piccolo spazio dedicato a un singolo partecipante alla volta: si visita soli, ma si può vivere insieme a chi si desidera. Il progetto di rsidenza di MOMEC ruota attorno alla possibilità di costruire un'esperienza significativa per il singolo partecipante a partire dalla raccolta e dalla stratificazione di memorie che possono diventare condivise. MOMEC è un collettivo di persone unite dalla volontà di riattivare la capacità di ricordare. Nato da un’idea di Mario Previato, ex attore del Teatro del Lemming e copywriter, il gruppo ritorna a lavorare sul rapporto tra memoria singolare e collettività. La memoria è sempre uno spazio dedicato all’incontro, prima con la città (Guida alla Memoria, 2018), poi tra sconosciuti (Soggetti Comuni, 2019) e oggi con le persone della nostra vita, attraverso un Terzo Tempo che ci mette in contatto prima di tutto con noi stessi.

 

CANTIERE ARTAUD > in streaming dal 4 al 10 novembre / in TEATRO STUDIO dal 23 - 30 novembre | restituzione 30 novembre 2021

Cantiere Artaud è un collettivo di ricerca teatrale fondato ad Arezzo nel 2016 da Sara Bonci e Ciro Gallorano. Nel 2020 la compagnia è stata riconosciuta dalla Regione  Toscana come giovane formazione di prosa. Il nome dell’Associazione sottolinea la volontà di essere sempre pronti a nuove sperimentazioni e vuole essere un omaggio ad  Antonin Artaud, precursore di un teatro che tende a smuovere i nervi. Allo spettatore viene chiesto di lasciarsi condurre dentro un labirinto fatto di piccoli gesti e suoni  primordiali, silenzi e ombre. La residenza è dedicata ad un nuovo progetto produttivo ispirato alle opere di Igmar Bergman: Il volto di Karin prende il titolo dall’omonimo cortometraggio del regista svedese dedicato alla memoria della madre Karin Åkerblom, elegia iconografica al tempo che scorre e all’importanza di sedimentare la memoria, incarnata dalle fotografie. Nel documentario Bergman mette in sequenza una serie di  fotografie della madre dai 3 anni fino a pochi giorni prima della morte. In esso si avverte l’inafferrabilità del tempo, ma anche la capacità di creare attraverso la visione una dimensione altra, quella del ricordo, che permette di colmare momentaneamente un’assenza data dalla perdita creando una realtà virtuale.

 


 

 

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