IL ROVESCIO E IL DIRITTO - Parte II
con Alessio Papa, Fiorella Tommasini, Natascia Tommasini, Chiara Elisa Rossini, Diana Ferrantini musica e regia Massimo Munaro
Dopo la Tetralogia dedicata al mito greco, che prevedeva il coinvolgimento diretto e sensoriale del singolo spettatore partecipante, e dopo la lunga gestazione di NEKYIA, questo lavoro, è pensato come seconda tappa di un dittico che il nostro gruppo ha realizzato attorno ai regni che la cultura occidentale designa come i regni dell’oltre-mondo.
Questo Ciclo di drammi didattici prende il titolo di IL ROVESCIO E IL DIRITTO: si tratta qui, per noi, di ripensare l’avventura Dantesca come attraversamento possibile della condizione esistenziale umana.
IL SANGUE DEGLI ALTRI inizia esattamente laddove si concludeva A PORTE CHIUSE.
In quel lavoro la dimensione claustrofobica, senza-vie-di-uscita, finiva, paradossalmente, per rovesciarsi dagli attori agli spettatori nello spazio aperto di un cortile. La finzione teatrale sembrava cedere il posto, improvvisamente, alla realtà concreta della vita.
Da quel finale sospeso riparte qui la storia dei medesimi personaggi, che pure sembrano, rispetto all’ineludibile stasi dell’inferno, essere sottoposti ora ad una lenta, per quanto dolorosa, trasformazione. Una metamorfosi purgatoriale. In effetti, a differenza della dimensione di angosciante incomunicabilità vissuta nella prima parte di questo trittico, qui un dialogo fra i vivi e i morti pare essere possibile.
Le erinni infernali sembrano essersi trasformate in eumenidi. I morti tornano, come Antenati, a interrogarci: essi ci pongono di fronte ad una responsabilità, ci chiedono di realizzare una scelta che finisce per riguardare direttamente la nostra vita. Riescono a strapparci una promessa. I
l tema mitico, di una rivitalizzante discesa dei vivi nel regno dei morti, si incontra qui con il deciso affermarsi di una dimensione storica.
Ne IL SANGUE DEGLI ALTRI, il cui titolo deve intendersi anche come un omaggio al romanzo e al pensiero di Simone De Beauvoir, lo scenario storico è quello della resistenza europea sul finire della seconda guerra mondiale. Ma i fatti della resistenza non sono per noi da collocare in un passato interamente trascorso: essi si danno al contrario, esattamente come il mito, come sempre attuale possibilità dell’esistere.
La Resistenza si offre così come metafora perfetta – purgatoriale – della lotta per la conquista di una felicità possibile.
La struttura formale, il passaggio continuo di stanza in stanza, rievoca e capovolge l’andamento del precedente lavoro. Alla lacerata frammentazione dell’identità individuale, che caratterizzava A PORTE CHIUSE qui la centralità è assunta dal flusso di una ritrovata identità collettiva.
Alla scena, quasi interamente femminile, si contrappone un’unica figura maschile, che da oppositiva finisce per definirsi come una alterità che evoca la possibilità di una congiunzione.
Il nero, tonalità dominante del precedente lavoro, cede il posto al bianco.
Come sempre nei nostri lavori si richiede agli spettatori una partecipazione diretta, una assunzione di responsabilità. Rispetto al passato però gli spettatori si ritrovano ad essere partecipi consapevoli di un piccolo fatto collettivo. Da cui, per noi, oggi la possibilità di pensare al Rovescio e il Diritto come ad un ciclo di drammi didattici.