NEKYIA
viaggio per mare di notte
Parte I: INFERNO
con Alessio Papa, Diana Ferrantini, Chiara Elisa Rossini, Fiorella Tommasini, Katia Raguso
musiche e regia Massimo Munaro
a Roberto Domeneghetti
Questo lavoro costituisce la prima parte di NEKYIA, che in greco significa viaggio per mare di notte o discesa agli inferi. Il ciclo suggerisce la possibilità di un ripensamento radicale dei tre regni che la nostra cultura occidentale designa come i regni dell’oltre-mondo: Inferno – Purgatorio – Paradiso rappresentano anche oggi, infatti, innanzi tutto un patrimonio comune e insostituibile del nostro universo simbolico. Il ciclo prevede il coinvolgimento diretto, drammaturgico e sensoriale di un gruppo limitato a 17 spettatori a replica. La prima parte di questo ciclo, INFERNO, può essere considerata anche come un’opera autonoma ed è per questo che viene proposta da sola e senza limitazione di spettatori.
Da un punto di vista drammaturgico il lavoro su INFERNO deve intendersi come una libera e personale scrittura scenica che interroga attori e spettatori a partire dal loro stesso statuto e, persino, nella loro comune e inquieta condizione di cittadinanza.
Se da un punto di vista psichico l’Inferno, come è per il teatro, suggerisce uno sprofondamento dell’anima nel regno dei morti, del sogno e dell’inconscio - cioè in un luogo senza tempo - da un punto di vista etico esso ci riporta, invece, a domande basilari sul nostro tempo, sul regno del presente. A questo presente gli spettatori, qui, sono lasciati nella loro condizione quotidiana di muta impotenza.
Ma, d’altra parte, se, come cerchiamo di testimoniare con Inferno, la nostra società è davvero diventata una “società dello spettacolo”, invadendo qualunque espressione sociale, il compito del Teatro, a noi pare, è diventato quello di affermare per sé uno statuto non spettacolare, poiché questa è l’unica via onorevole, forse l’ultima possibile, per giustificare la propria esistenza.
Riportare così il teatro ad una dimensione rituale, da cui pure esso sgorga originariamente, significa affermare oggi la sua funzione e la sua necessità. Da questo punto di vista il teatro – da tempo – dovrebbe essere considerato non più luogo della finzione – che lasciamo volentieri all’infera spettacolarità diffusa – ma come luogo della rivelazione (Theatron, appunto), dovrebbe essere cioè in grado di costituirsi come regno dell’Anti-finzione.
In altre parole: o il Teatro è in grado di proporsi come momento di Verità per una comunità di attori e spettatori considerati nella loro singolarità personale – perché, come ha scritto Gabriel Marcel, “non vi è autentica profondità che quando può realmente effettuarsi una comunicazione umana e una tale comunicazione non può darsi in mezzo alla massa” – o il teatro non ha più alcuna ragione di esistere.
Il lavoro su INFERNO rappresenta la messa in gioco di questa questione, oggi, ineludibile. Il lavoro si costituisce come riflesso della nostra infera condizione quotidiana. E, come uno specchio crudele, questo riflesso si propone di provocare nello spettatore uno shock rivelatore e salutare.
Per gli spettatori si tratta così, nell’attraversamento completo di NEKYIA, di rimettere concretamente in gioco il proprio ruolo e la propria funzione: dalla solitaria passività iniziale (Inferno), alla trasformazione (Purgatorio) in attori di un gioco collettivo (Paradiso). La scommessa per noi oggi è infatti quella di ripensare il Teatro come luogo di un rito collettivo.
LO SPETTACOLO NON PREVEDE LIMITAZIONI DI SPETTATORI
"Provate a immaginare l’Inferno di Dante. Provate e verrete travolti da una miriade di immagini raccapriccianti. Lo stesso percorso ha seguito il Teatro del Lemming per “Inferno, Nekyia parte I” che ha messo insieme uno spettacolo di indiscutibile e profonda bellezza. Massimo Munaro e la sua compagnia è sceso agli inferi, aggrappandosi a video, barre da ospedale, cappi, ferite che sottolineano la ritualità, e nello stesso tempo, la funzione di un teatro sociale senza belletti. Il pubblico è impotente, ma è costretto ad interrogarsi. Bellissimo" Silvia Tesauro - Giornale di Sicilia, 9 Febbraio 2007
"Cessano le peculiarità individuali, il piombo risuona oscuro nell'anima di ogni spettatore in un teatro che non è rappresentazione. Al termine, si è espulsi dall'inferno allo stesso modo in cui si è entrati, e s'immaginano - o si sperano - gli altri passaggi verso la trasmutazione. Uno spettacolo unico..." Claudio Elli - Leonardo / PuntoLinea, 7 Febbraio 2007